lunedì, maggio 16, 2016

GETZEMANI




Luca 22:24-39 Mentre Gesù con i suoi apostoli si recava nel giardino di Getzemani, situato sul monte degli Ulivi, tra gli apostoli si aprì una discussione su chi doveva essere il più grande per guidare il gruppo, una volta che Gesù se ne fosse andato al Padre.
Gesù replicò, dicendo: Chi è il più grande, colui che sta in tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure, vi dichiaro che io che sto a tavola, come colui che è il più grande, vi servo.  Che cosa Egli intendeva dire agli apostoli, con questo paragone? Gesù spiega, che il principio divino, superiore in ogni suo aspetto, conduce a una nuova visione che fa abbandonare il concetto razionale esercitato dalla mente umana, che è circoscritto rispetto all’universalità della conoscenza, e pone nel cuore dell’uomo un potere innovativo di esercitare quello trascendentale che fa acquistare, in modo graduale, la realtà di professare le vie del divino, basato sulla mistica interpretazione spirituale. Vediamo, allora che, da un dubbio sorto sulla realtà del concetto esistenziale divino, provocato dalla ragione, per mezzo dell’insegnamento di Gesù, il pensiero umano è ripristinato dalla ragione e posto verso la comprensione della dimensione trascendentale, la sola idonea a far realizzare la verità del mondo invisibile. Il mistero divino, che si manifesterà nella visione del servitore di Dio, diventa una forza spirituale potente che fa da scudo contro quelle influenze distorcenti che lusingano e poi uccidono. Questa concezione inversa, presentata da Gesù, nell’evidenziare che il grande può essere servo, contraddicendo la logica, l’ha predisposta per l’imminente pronuncia che stava per comunicare agli apostoli. Se prima Egli comandò loro, che li avrebbe mandati ad annunziare il Regno di Dio senza prendere nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane…né denaro, né due tuniche per ognuno. Ora, avrebbero, dovuti essere annoverati fra i malfattori, secondo le Scritture, poiché chi aveva una borsa o una bisaccia l’avrebbe dovuta perdere e chi non aveva una spada, avrebbe dovuto vendere la tunica per comprarne una. Con amarezza disse queste cose, nell’osservanza delle Sacre Scritture ma gli apostoli, ingenui, credettero che era arrivato il momento di agire. Così, gli risposero subito che già avevano due spade. Per gli apostoli, fu come affermare che, dopo tanto tempo speso per predicare senza avere raggiunto lo scopo era ora il tempo di usare le armi per liberare il popolo di Israele. Gesù, un po’ irritato, disse - basta - poiché si rese conto che loro non avevano capito nulla, del suo ministero. Infatti, era proprio in quel momento che Egli sarebbe stato annoverato come uno dei ladroni. Non appena furono dentro il giardino, Egli diede disposizioni, di pregare ripetutamente, perché il momento era arrivato. Getzemani, chiamato luogo del torchio, ove Gesù, si appresta ad alzare la preghiera più patetica del suo ministero al Padre, e sottomettendo la sua posizione di uomo e di Dio, s’inginocchia presso una roccia, manifestando la richiesta di modifica del progetto salvifico, non per paura di affrontare la morte ma per non dare soddisfazione a satana.
In questo capitolo notiamo il dualismo della persona di Gesù, come uomo e come Figlio di Dio, da un lato notiamo la percezione degli stessi sentimenti umani, dall’altro, il colloquio familiare con Dio, che certifica la fondatezza del Creatore, come Verbo di Dio e Salvatore del mondo. Perché Dio non rispose alla preghiera di Gesù, se sappiamo che Gesù ha detto che la sua preghiera è sempre accolta dal Padre? E’ un mistero. Possiamo formulare solo qualche ipotesi. Se Dio ha deciso di modificare la sua legge eterna, per mezzo del sacrificio del suo unigenito Figlio Gesù, difficilmente avrebbe fatto un’altra modifica. Primo perché Gesù è sceso sulla terra accettando le condizioni di base, cioè il sacrificio divino per abolire una legge divina e l’altro non poteva esserci un’altra modifica conoscendo il carattere e la giustizia di Dio.    
Pace e fede nel Signore



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