Luca 22:24-39 Mentre Gesù con i
suoi apostoli si recava nel giardino di Getzemani, situato sul monte degli
Ulivi, tra gli apostoli si aprì una discussione su chi doveva essere il più
grande per guidare il gruppo, una volta che Gesù se ne fosse andato al Padre.
Gesù replicò, dicendo: Chi è il più grande,
colui che sta in tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola?
Eppure, vi dichiaro che io che sto a tavola, come colui che è il più grande, vi
servo. Che cosa Egli intendeva dire
agli apostoli, con questo paragone? Gesù spiega, che il principio divino, superiore
in ogni suo aspetto, conduce a una nuova visione che fa abbandonare il concetto
razionale esercitato dalla mente umana, che è circoscritto rispetto
all’universalità della conoscenza, e pone nel cuore dell’uomo un potere
innovativo di esercitare quello trascendentale che fa acquistare, in modo
graduale, la realtà di professare le vie del divino, basato sulla mistica
interpretazione spirituale. Vediamo, allora che, da un dubbio sorto sulla
realtà del concetto esistenziale divino, provocato dalla ragione, per mezzo
dell’insegnamento di Gesù, il pensiero umano è ripristinato dalla ragione e posto
verso la comprensione della dimensione trascendentale, la sola idonea a far realizzare
la verità del mondo invisibile. Il mistero divino, che si manifesterà nella
visione del servitore di Dio, diventa una forza spirituale potente che fa da scudo
contro quelle influenze distorcenti che lusingano e poi uccidono. Questa
concezione inversa, presentata da Gesù, nell’evidenziare che il grande può
essere servo, contraddicendo la logica, l’ha predisposta per l’imminente
pronuncia che stava per comunicare agli apostoli. Se prima Egli comandò loro,
che li avrebbe mandati ad annunziare il Regno di Dio senza prendere nulla per
il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane…né denaro, né due tuniche per
ognuno. Ora, avrebbero, dovuti essere annoverati fra i malfattori, secondo le
Scritture, poiché chi aveva una borsa o una bisaccia l’avrebbe dovuta perdere e
chi non aveva una spada, avrebbe dovuto vendere la tunica per comprarne una.
Con amarezza disse queste cose, nell’osservanza delle Sacre Scritture ma gli
apostoli, ingenui, credettero che era arrivato il momento di agire. Così,
gli risposero subito che già avevano due
spade. Per gli apostoli, fu come affermare che, dopo tanto tempo speso
per predicare senza avere raggiunto lo scopo era ora il tempo di usare le armi
per liberare il popolo di Israele. Gesù, un po’ irritato, disse - basta - poiché si rese conto che loro non
avevano capito nulla, del suo ministero. Infatti, era proprio in quel momento che
Egli sarebbe stato annoverato come uno dei ladroni. Non appena furono dentro il
giardino, Egli diede disposizioni, di pregare ripetutamente, perché il momento
era arrivato. Getzemani, chiamato luogo del torchio, ove Gesù, si appresta ad
alzare la preghiera più patetica del suo ministero al Padre, e sottomettendo la
sua posizione di uomo e di Dio, s’inginocchia presso una roccia, manifestando la
richiesta di modifica del progetto salvifico, non per paura di affrontare la
morte ma per non dare soddisfazione a satana.
In questo capitolo notiamo il
dualismo della persona di Gesù, come uomo e come Figlio di Dio, da un lato
notiamo la percezione degli stessi sentimenti umani, dall’altro, il colloquio familiare
con Dio, che certifica la fondatezza del Creatore, come Verbo di Dio e Salvatore
del mondo. Perché Dio non rispose alla preghiera di Gesù, se sappiamo che Gesù ha
detto che la sua preghiera è sempre accolta dal Padre? E’ un mistero. Possiamo formulare
solo qualche ipotesi. Se Dio ha deciso di modificare la sua legge eterna, per
mezzo del sacrificio del suo unigenito Figlio Gesù, difficilmente avrebbe fatto
un’altra modifica. Primo perché Gesù è sceso sulla terra accettando le
condizioni di base, cioè il sacrificio divino per abolire una legge divina e l’altro
non poteva esserci un’altra modifica conoscendo il carattere e la giustizia di
Dio.
Pace e fede nel Signore
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