giovedì, luglio 20, 2017

LO STATO FELICE DEL GIUSTIFICATO

                            La legge divina avverte che alla violazione della norma è posta una pena, ma non ferma il soggetto, in alcun modo, a commettere la trasgressione. Con questo principio, la legge che Dio ha dato a Mosè era impotente a sanare il peccato [1] essendo che, la natura umana è attratta dalla lusinga della trasgressione che porta l’uomo a violare la legge divina.  Romani 7:19. Infatti, il bene che io voglio, non lo faccio, ma il male che non voglio, quello faccio. Dio, conoscendo il cuore dell’uomo, che tende a farsi trasportare dai desideri della carne, ai fini di concretizzare lo scopo della Legge divina, ha mandato Gesù, per agevolare la condizione dell’uomo, col proposito di sconfiggere l’effetto del peccato e renderlo insignificante di fronte alla fede in Dio. In altri termini, quest’ultima, avrebbe alleggerito la ratio della antica Legge e valorizzato il cuore dell’uomo verso Dio. Per capire la Legge antica, si ricorda, che Adamo, fatto da Dio ad anima vivente, si lasciò trasportare dai desideri della carne, per propria scelta, essendo che, il suo stato morale non era immune dagli attacchi del nemico. Per questo motivo, gli fu proibito da Dio di non mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male.  Tuttavia, per opposta logica, se Adamo avesse obbedito al comando divino, non avrebbe conosciuto la Legge e quindi il bene e il male. Resta da valutare, se Adamo senza quell’avvertimento limitativo, si fosse avvicinato all’albero della conoscenza, col desiderio di raccogliere il frutto, sarebbe stato o no richiamato da Dio.  Forse avrebbe avuto solo un rimprovero. Se ciò fosse accaduto, Dio avrebbe dovuto trovare un altro avvenimento per giustificare l’uscita di Adamo dall’Eden. Quindi tutto è calcolato e preveduto da Dio, come l’architetto che dopo che fa il progetto può apportare, nei lavori in corso, modifiche più o meno rilevanti. Considerando la domanda fatta sull’acquisizione dello stato felice dell’uomo, consideriamo come avrebbe potuto essere il corpo di Adamo ed Eva, come anima vivente. Si suppone che la loro vita dovesse essere in perpetuo. Verrebbe da considerare che lo stato di anima vivente non coincida con quello dello stato eterno, essendo che solo quello divino è eterno, ciò ci porta a considerare, che lo stato di anima vivente è pur sempre di terra. Tuttavia, le parole “polvere tu sei e in polvere tornerai” lasciano a intendere che l’anima vivente avrebbe potuto essere idonea a salire in cielo, ma l’uomo, per il peccato commesso ritornerà in polvere con il beneficio di essere giustificato tramite il sacrificio di Gesù. Ecco che l’anima conservata dentro questo corpo sarà immune da essere colpita dalla morte, essendo che, risorgerà per essere giudicata, avendo esperimentato l’esistenza dentro il corpo di peccato. Quindi l’uomo godrà lo stato giustificativo attraverso l’anima e non attraverso il corpo che tornerà alla terra.  Da quest’atto, l’uomo ne esce giustificato, poiché, la morte invece di cadere su di lui è stata assorbita da Gesù. L’uomo ha motivo di gioire e non solo di vantarsi, affermando di essere stato creato con le mani di Dio e di essere la pupilla dei suoi occhi, ma ricordare anche che per amore di Dio e il sacrificio di Gesù ha avuto grazia. La pietà centra in questo intervento di Dio, perché già una volta, prima del diluvio, Dio si era pentito di avere creato l‘uomo. La pietà centra per averci lasciato le Sacre Scritture e i profeti e ci abbia fatto intendere la sua potenza tramite Gesù con i miracoli e la vittoria sulla morte.

Pace e fede nel Signore

 

 

 



[1] Romani 8:3  Infatti ciò che era impossibile alla legge, in quanto era senza forza a motivo della carne, Dio, mandando il proprio Figlio in carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne,

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